Di Erica Gonano

La perdita di una persona cara rappresenta un momento di difficoltà nella vita di ciascuno di noi. In questi frangenti, ci aspetteremmo di non dover affrontare ostacoli burocratici e adempimenti di cui non comprendiamo la ragione. La materia successoria presenta una complessità difficile da sintetizzare senza cadere nel rischio dell’eccessiva semplificazione. Vi sono tuttavia alcuni punti fermi che è bene conoscere. Cerchiamo di vederne insieme uno dei principali.

Per quale motivo, venuta a conoscenza del decesso di un proprio cliente, la banca blocca i relativi rapporti, impedendo qualsiasi prelievo e operazione?

La prima ragione è di carattere fiscale ed è riconducibile alla reintroduzione, nel nostro ordinamento, dell’imposta sulle successioni, avvenuta nel 2006 dopo un periodo di soppressione per effetto della Legge 248/2001.

Le banche, in sostanza, sono chiamate a collaborare con il fisco al fine di assicurare, da parte dei contribuenti, il pagamento dell’imposta di successione. Ai sensi dell’art. 48, comma 4, del Testo Unico delle Successioni, (DPR 346/1990), le banche non possono consegnare agli eredi i saldi attivi dei rapporti intrattenuti dal defunto presso di loro se non è stata fornita la prova dell’avvenuta presentazione della Dichiarazione di Successione all’Agenzia delle Entrate, pena sanzioni estremamente severe. È infatti in occasione di tale adempimento (la presentazione della Dichiarazione di Successione) che l’Agenzia delle Entrate determina, sulla base dei dati ivi contenuti, l’imposta dovuta, il cui pagamento deve essere effettuato dagli eredi entro 60 giorni dalla data in cui è stato notificato l’avviso di liquidazione. Questo significa che, nel momento in cui gli eredi, o anche solo uno di essi, presentano in banca la dichiarazione di successione, l’Agenzia delle Entrate è in possesso di tutti gli elementi per incassare l’imposta dovuta e financo provvedere al relativo recupero coattivo in assenza di adempimento spontaneo.

Nella dichiarazione di successione, alla cui presentazione sono obbligati, tra l’altro, gli eredi, i chiamati all’eredità e i legatari, devono essere analiticamente indicati i dati dei rapporti in essere presso la banca, ivi compresi i relativi saldi alla data di apertura della successione, che corrisponde alla data del decesso. A tal fine, i chiamati all’eredità o gli eredi chiedono alla banca il rilascio di una specifica dichiarazione, in carta libera, nella quale l’Istituto indica nel dettaglio i rapporti intestati al defunto e i relativi saldi.

È bene sapere che, al ricorrere di alcune circostanze, la legge prevede l’esonero dalla presentazione della dichiarazione di successione. In particolare, questo avviene qualora: nell’asse ereditario non vi siano beni immobili o diritti reali immobiliari; l’asse ereditario abbia un valore non superiore a 100mila euro; gli eredi siano il coniuge e/o parenti in linea retta. I parenti in linea retta sono quelli che discendono da un comune capostipite: ad esempio, i figli e i nipoti (figli dei figli). Non rientrano invece nell’esenzione i parenti in linea collaterale (ad esempio i fratelli e le sorelle, i nipoti – figli di fratelli e sorelle – e così via).

Qualora ricorrano le condizioni per l’esenzione dalla dichiarazione di successione, è necessario che, almeno uno degli eredi, presenti all’Agenzia delle Entrate, per il tramite della banca, un’apposita dichiarazione di esenzione. Quest’ultima viene quindi verificata dall’Agenzia e, in caso di comunicazioni contrarie da parte di quest’ultima, l’esenzione è confermata e, fatti salvi gli altri adempimenti di cui nel seguito, è possibile procedere alla liquidazione dell’attivo ereditario agli eredi.