A cura di Francesca Minisini

I rischi, per la banca, sono come il sale: la giusta dose fa bene alla salute, l’eccesso la minaccia. I rischi sono dappertutto e sono connaturati alla propria attività: la banca presta soldi, compra titoli, effettua transazioni, vende prodotti finanziari… I rischi vengono dai clienti (non in grado di onorare i propri obblighi di pagamento), dalla banca stessa (errori umani, frodi), dall’ambiente esterno (catastrofi naturali, attacchi informatici), dal mercato (fluttuazioni dei prezzi dei titoli/valute), dai social (corse agli sportelli fisici o digitali). Alcuni rischi sono difficili da misurare (rischio reputazionale) mentre ne stanno emergendo di nuovi (rischi di transizione energetica). Difficile evitarli, ma possiamo cercare di prevenirli. Per gestirli efficacemente, le banche stabiliscono in primo luogo i parametri e le linee guida per la loro assunzione e valutazione, basandosi su analisi approfondite e sul monitoraggio costante dei rischi specifici a cui sono esposte utilizzando strumenti e modelli sofisticati.

Prevenzione

Ad esempio, per misurare il rischio di credito (e quindi la possibilità che i prestiti non vengano restituiti), si utilizzano strumenti che misurano la capacità di rimborso del debitore, la qualità del credito e la diversificazione del portafoglio di prestiti. Per il rischio di mercato (l’impatto che la variazione dei tassi di interesse può avere sulle attività e le passività bancarie), si utilizzano modelli di valutazione sulle fluttuazioni dei prezzi e le correlazioni tra i diversi strumenti finanziari. Per il rischio operativo vengono condotte analisi approfondite degli eventi passati e attuati controlli interni per evitare che possano ripetersi. Ci sono poi i requisiti regolamentari stabiliti dalle Autorità di Vigilanza che hanno un ruolo fondamentale per garantire la stabilità e la sicurezza di ciascuna banca e dell’intero sistema finanziario. Questi requisiti includono la creazione di adeguate riserve di capitale per coprire le potenziali perdite, il rispetto di limiti di esposizione ai rischi e l’adozione di misure di monitoraggio e segnalazione.

Fondamentale è la “cultura” del rischio ben radicata in tutte le persone che lavorano in banca le quali comprendono l’importanza di identificare e presidiare i rischi.

La cultura

Il buon esempio parte sempre dal gruppo dirigente che deve essere in grado di diffondere una cultura del rischio in cui la profittabilità non venga mai prima della prudenza e della lungimiranza. In caso contrario le conseguenze sono state visibili in molte crisi bancarie dove notiamo un fallimento nella gestione del rischio: mancata diversificazione del rischio di concentrazione, eccessivo impiego di strumenti complessi o speculativi, concessione di finanziamenti nei confronti di soggetti non meritevoli.

Affidabilità

Ma come capire se e quanto la nostra banca è affidabile? Occorre guardare al patrimonio della banca e alla sua capacità di generare utili con continuità nel tempo. Le banche, infatti, costruiscono la propria forza accantonando gli utili a riserva e aumentando così il proprio patrimonio. In questo modo, si creano scorte per gli anni a venire e si anticipano possibili conseguenze di future perdite su crediti. La banca, quando raccoglie e impiega denaro, deve destreggiarsi su diverse scadenze e assicurarsi un bacino di liquidità per i periodi di “secca”. L’equilibrio si mantiene con un basso numero di esposizioni deteriorate, differenziazione della clientela, un giusto rapporto tra costi operativi e ricavi caratteristici. Non va dimenticato che la banca non è fatta solo di numeri, ma anche (soprattutto) di persone che curano le relazioni con i clienti con integrità, professionalità e onorabilità. Vince il modello improntato alla prudente e sana gestione con la chiara visione di creare valore sociale per l’intera Comunità di riferimento.