La parola agli attori del progetto.

La parola al dottor Amato De Monte, direttore di Sores (Struttura Operativa Regionale Emergenza Sanitaria) di Palmanova.

Gestire l’emergenza sanitaria regionale sarà un po’ più semplice con l’implementazione del progetto?

Più che semplice questa iniziativa rappresenterà un valido aiuto per aumentare la sicurezza degli interventi in quanto disporre di un Dae rappresenta un sicuro ausilio per elevare il livello della qualità di risposta in fase di rianimazione cardiaca a cui, anche i semplici cittadini in assenza di specifiche competenze sanitarie, potranno dare.

Quanto è importante l’intervento rapido nei casi di arresto cardiaco ed emergenze simili?

Il supporto di primo soccorso, in caso di arresto cardiaco, deve essere quanto più precoce e tempestivo possibile e deve iniziare con il massaggio cardiaco per poi essere implementato con l’impiego del defibrillatore in quanto, queste due manovre utilizzate in sequenza, aumentano le probabilità di successo dell’intervento rianimatorio.

In cosa consiste la vostra attività di coordinamento della rete regionale dei Dae?

È fondamentale che la Sores disponga del censimento e della localizzazione dei punti in cui è presente un Dae per essere di ausilio al primo soccorritore non solamente guidandolo nelle manovre di massaggio cardiaco esterno e di applicazione e impiego del Dae, ma soprattutto per fornire al soccorritore le indicazioni di dove recuperare il Dae più vicino al posto in cui si trova (che il soccorritore, spesso, non è in grado di conoscere).

E l’attività di formazione del personale di primo soccorso?

Formazione: questa è la vera parola chiave del successo del programma di prevenzione delle complicanze di un arresto cardiaco. Proviamo a immaginare solo se il 50% della popolazione avesse avuto la possibilità di accedere a un corso di formazione per la rianimazione cardiaca, la possibilità che in occasione di in caso di arresto cardiaco vi sia qualcuno che sa cosa fare… Anche la guida telefonica del personale della Sores potrà essere più efficace e più semplice da eseguire, attraverso il Dae. A tal proposito, cito il breve filmato realizzato dalla Sores e che mostra come la persona viene guidata durante la rianimazione.

Il passo decisivo, però, si dovrà fare entrando nelle scuole e sfruttando, quindi, le tipiche caratteristiche e sensibilità dei giovani sia come esecutori ma, soprattutto, come amplificatori del messaggio.

Più formiamo, più siamo sicuri

Sergio Buricelli è il presidente regionale del Corpo nazionale Soccorso alpino e speleologico del Friuli Venezia Giulia.

Quali sono le attività e i numeri del vostro Corpo regionale?

Noi rappresentiamo il braccio operativo della Sanità del Friuli Venezia Giulia per quanto riguarda il soccorso in montagna, nelle grotte e negli ambienti impervi. Complessivamente, sono 360 le persone impegnate nel servizio. Una buona parte di esse fà riferimento alle 10 Stazioni alpine distribuite sull’intero territorio regionale. Nel 2020 abbiamo effettuato circa 450 interventi di soccorso dove erano coinvolti 510 cittadini in difficoltà.

Perché avete scelto di aderire al progetto “Comunità e montagna in sicurezza”?

È vero, come detto, che ci occupiamo di primo soccorso, ma siamo anche molto attivi per quanto riguarda l’informazione e la formazione sui vari rischi che si possono incontrare frequentando impreparati questi ambienti che presentano gradi di difficoltà un po’ maggiori rispetto alla norma. Le patologie che il progetto vuole contribuire a contrastare sono tempodipendenti e ciò significa che la tempistica d’intervento è tutto e, spesso, diventa decisiva per segnare la vita o la morte delle persone coinvolte.

Dunque, più formazione fa rima con maggiore possibilità di salvezza?

Certamente. Non solo tutti i nostri volontari sono già adeguatamente formati: ovviamente, direi. Ma questo progetto, con la nostra collaborazione, vuole portare la formazione dell’intervento al primo soccorso al maggior numero di persone possibili che operano in montagna e che la frequentano.

Cosa vi aspettate da questa collaborazione?

Sottolineo ancora una volta come, in molti casi, il rapido intervento sia decisivo nel salvare le vite umane. Il percorso triennale previsto dal progetto, a mio avviso, può essere molto utile per diffondere una cultura del primo soccorso che, nel nostro territorio, non è ancora sufficiente matura e consapevole, ma è importantissima.

In pochi mesi, formati oltre 140 volontari

«La Federazione Medico Sportiva Italiana (Fmsi) è la Federazione medica del Comitato Olimpico Nazionale Italiano deputata alla tutela della salute degli atleti e di chiunque pratichi attività sportiva, svolgendo anche un importante ruolo sociale e culturale – illustra il presidente regionale, Fernando Agrusti -. Nata nel 1929, la Fmsi è oggi la Società Scientifica di riferimento per tutti i medici specialisti in Medicina dello Sport in Italia, associata alla Federazione Europea di Medicina dello Sport e alla Federazione Internazionale di Medicina dello Sport.

A tutt’oggi, la Fmsi rappresenta quasi 5.000 tesserati, distinti tra: soci ordinari, i medici specialisti in Medicina dello Sport; soci aggregati, i medici specialisti in altre discipline mediche che hanno partecipato a uno specifico corso di formazione; soci aderenti, i laureati in Scienze Motorie e gli operatori sanitari non medici.

Rientrano tra i principali compiti della Fmsi: l’assistenza medico-sanitaria indispensabile all’organizzazione sportiva, anche al fine di garantire il regolare svolgimento delle gare; la tutela della salute degli atleti delle squadre nazionali e delle società sportive per ogni esigenza di carattere medico e funzionale; la formazione continua e l’aggiornamento professionale dei propri soci; la sicurezza sanitaria degli impianti sportivi, attraverso delle specifiche linee guida; la promozione di studi e ricerche scientifiche nel campo della medicina applicata all’esercizio fisico e agli sport; l’attuazione di interventi di prevenzione ed educazione sanitaria della popolazione sportiva, anche attraverso: la certificazione dell’idoneità alla pratica sportiva agonistica e la prescrizione dell’esercizio fisico, come strumento di prevenzione e trattamento di molte patologie oggi diffuse; la prevenzione e la repressione, nel rispetto delle leggi vigenti e del Codice Wada, dell’uso di sostanze e metodi proibiti.

All’interno del progetto “Comunità e montagna in sicurezza” che ha contribuito a scrivere – aggiunge Agrusti -, il Comitato della Fmsi del Friuli VG garantirà la formazione Blsd, corsi ufficiali riconosciuti in tutta Europa, tramite i propri associati, del personale individuato per ogni singolo sito e metterà a disposizione dei momenti formativi destinati a persone individuate da Enti e Associazioni che, nel tempo, hanno beneficiato della messa a disposizione diretta, o tramite contributi per l’acquisto, da parte delle Casse di Credito Cooperativo, di dispositivi Dae. Il corso Blsd ha durata di 5 ore circa, di cui 1 frontale e 4 di addestramento su manichino. Prevedono l’acquisizione del manuale Blsd Irc con il codice di sblocco per l’attestato Irc valido per la certificazione in Sores e per concorsi pubblici. La validità dell’attestato è di 24 mesi, prorogabili di ulteriori 24 mesi con la frequenza di un corso retraining Blsd (della durata di 4 ore), come da normativa nazionale (ogni 4 anni è necessario rifare il corso intero). A oggi, nei vari corsi organizzati da PrimaCassa – conclude Agrusti – sono stai formati circa 140 volontari».