Dalle latterie turnarie al confronto con la GDO.

Il settore della produzione di latte dal punto di vista del fatturato, secondo AgrifoodFVG, esprime la quota più rilevante con 131,5 milioni di euro rispetto alle principali produzioni regionali nel settore zootecnico.

In Fvg la zootecnia da latte è sempre stata legata alla gestione cooperativa dei caseifici. In una prima fase questi ultimi erano strutturati secondo una tipologia turnaria che ebbe un grande successo fino alla fine degli anni ‘60 del ‘900. L’evoluzione del sistema ha favorito in seguito, nella quasi totalità dei casi, lo sviluppo di cooperative vere e proprie. La crisi congiunturale, pure in questo settore, ha determinato una selezione piuttosto drastica del numero dei soggetti attivi, facendo collassare molte strutture.
Nella nostra regione sono operative 1.219 aziende agricole registrate nella produzione di latte, settore che, nella zona montana, rappresenta l’orientamento produttivo prevalente. Il patrimonio bovino equivale a circa 43.000 capi dalle quali si mungono 254.000 tonnellate di latte. Il settore lattiero-caseario contribuisce a più del 10% della produzione agricola regionale.

La struttura aziendale si caratterizza per una dimensione medio-piccola: circa 800 aziende, pari a quasi il 50% del numero totale, hanno una Superficie Agricola Utilizzata compresa tra 20 e 30 ettari, con un numero di capi bovini per azienda compreso tra i 25 e i 65; non si può considerare conclusa la riorganizzazione del settore, che ha visto il forte calo del numero di aziende e il sostanziale mantenimento del quantitativo totale di latte prodotto.
Questa situazione negativa avviene malgrado l’elevata qualità della maggior parte delle produzioni di latte, la presenza di significative realtà consorziali e agroindustriali e di una parte del prodotto garantito dalla Dop Montasio, la cui zona di produzione interessa l’intero territorio regionale.

I punti di forza

La zootecnia da latte regionale presenta altri punti di forza sul lato dell’integrazione territoriale, con l’esistenza di comprensori a forte caratterizzazione lattiero-casearia, il ruolo centrale riconosciuto nella salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio nelle zone montane, la presenza di una razza bovina autoctona (la Pezzata Rossa Italiana) e delle organizzazioni per la sua selezione e valorizzazione genetica (Anapri).

I fattori critici

Quelli più evidenti sono legati alla ridotta dimensione media aziendale, sia degli allevamenti, sia di molti caseifici, all’inadeguatezza degli impianti e delle strutture sia a livello di allevamento (inclusa la poco efficiente gestione dei reflui zootecnici), sia di trasformazione del latte, all’elevata età media degli imprenditori. Questi elementi sono aggravati dalla limitata propensione al coordinamento, alla valorizzazione qualitativa e alla promozione commerciale dei caseifici di piccola dimensione, cooperativi e non. Tali caratteristiche non sono certo idonee per affrontare le minacce costituite da una tendenza flettente dei prezzi del latte, dalla forte competizione sia nel settore del latte fresco, sia nei prodotti trasformati, dal forte potere contrattuale della GDO.

La trasformazione

Attualmente, l’indotto del lattiero-caseario interessa 52 unità operative tra caseifici e centrali del latte. Nel 2015 il comparto ha prodotto 516,6 mila quintali di latte, 176,5 mila quintali di formaggio e 1,7 mila quintali di burro.
Ad agosto 2018, in Friuli VG erano censiti: 43 caseifici attivi; 9 centri di raccolta e trattamento termico; 8 aziende che producono frico; 13 magazzini dedicati allo stagionamento; 5 centri di raccolta latte.